
Sanremo 2012
Mi preparo a entrare sul palco in un istante sospeso, poche note prima dell’apertura della quarta serata. Il teatro Ariston è un mare di occhi e riflettori. Sento la responsabilità di rappresentare la danza in un contesto musicale così potente. Il Festival è già in pieno svolgimento, con le esibizioni dei Big e la finale dei Giovani, ma stavolta è il mio momento: aprire la serata con un gesto di luce, arte e cuore. Respiro a fondo e mi rendo conto che ogni respiro è parte di un rito collettivo: Sanremo 2012, 17 febbraio, teatro Ariston, e io che danzo, insieme al violinista David Garrett, sotto gli occhi dell’Italia intera.
Il mio duetto speciale con le note vibranti di un violino magico e un messaggio oltre la musica.
Salgo sul palco accompagnata da David Garrett, le sue corde pronte a intonare una melodia potente. Sento il palcoscenico vibrare sotto i piedi. È un duetto inedito: danza e violino, corpo e suono. I riflettori mi avvolgono come un abbraccio scenico. Ogni passo è sincronizzato alle note, ogni gesto risuona nel corpo e nell’anima. Il pezzo è nato insieme a Daniel Ezralow, coreografo straordinario che ha curato ogni dettaglio con profondità e passione. Accanto a me, i danzatori del Corpo di Ballo sono stati adorabili: mi hanno sostenuta, aiutata nella creazione, e mi hanno fatto sentire parte di una vera squadra. Eravamo uniti da qualcosa che andava oltre l’arte.
la danza è voce con cui parlare al cuore.
Quando le ultime note finiscono, cala il silenzio. Poi solo un respiro collettivo. Applausi. Tantissimi. Vedo volti commossi tra il pubblico, l’onda del riconoscimento è reale. Sento che la mia danza ha parlato. Ma non è finita. Gianni Morandi, il conduttore di quella edizione, mi viene incontro sorridendo. Senza esitazione, si avvicina e mi stampa un bacio in fronte. Mi fa i complimenti, mi ringrazia davanti a tutti, e io resto lì, sorpresa, commossa, travolta. In quell’abbraccio simbolico, c’era tutta la gratitudine, la gioia, la bellezza di quel momento unico. Il palco si chiude, ma dentro resta tutto acceso.



Le radici del mio sogno sono fatte di sguardi, abbracci e presenza che mi accompagnano sempre.
Dietro le quinte, durante tutta la preparazione, c’era la mia mamma. Presente, attenta, silenziosamente forte: una guida, un sostegno, un cuore accanto al mio. Mio papà invece mi seguiva da casa, davanti alla televisione, emozionato. Sapevo che con ogni passo lo portavo con me. E poi c’era mia sorella, lontana fisicamente ma vicinissima con il cuore: mi guardava in diretta dal Canada, in Mondovisione. Condividere un’esperienza così incredibile con la mia famiglia è stato un dono immenso. Loro mi hanno dato tutto ciò che mi serviva per arrivare fin lì.
Per sognare, per crederci, per riuscirci. Sono profondamente grata. Sempre.